Questo non è l’ennesimo articolo che, per parlare di moda sostenibile, ti suggerirà nuovi brand da cui fare acquisti.
Se ti aspetti di trovare consigli per lo shopping, sicuramente questa rubrica non è quello che fa per te, viceversa se vuoi capirci qualcosa in più su questo intricato mondo fatto di certificazioni, greenwashing, organic, riciclato, allora possiamo essere compagn* di viaggio.
La rubrica Unveiled nasce con l’obiettivo di parlare di moda, di tessile e di abbigliamento, senza veli.
Un percorso che faremo insieme per riuscire a districarci nella rete delle tante informazioni, articoli e post che ogni giorno ci colpiscono da più parti.
Oggi se non parli di moda sostenibile, diciamocelo, non sei nessuno. Chi è ancora là fuori a fare video haul e a consigliare l’ennesimo paio di sneakers da comprarsi per l’inverno è decisamente rimasto fermo a qualche anno fa e ha perso una serie di treni.
D’altra parte, però, proprio il fatto che di moda sostenibile ne parlino tutti è un problema.
Essere costantemente bombardati da parole come organico, riciclato, responsabile, certificato, da una parte è utile perché ci permette di entrare nel gergo, dall’altro ci dà l’impressione che improvvisamente chiunque sia diventato esperto di un tema complesso e dettagliato, così, dall’oggi al domani.
Non prendermi per la fondamentalista che pensa che solo chi ha otto lauree in Sustainable Something abbia il diritto di esprimersi, ma non può nemmeno passare il messaggio che la passione sia sinonimo di competenza. Per il consumatore medio, districarsi nel mare magnum della moda sostenibile è davvero complicato perché i mostri sono tanti: dal brand fast fashion con la nuova capsule in cotone organico, alla macro-influencer che pulisce orgogliosa le spiagge con addosso il bikini nuovo di zecca.
Tutto ciò crea molta confusione su cosa sia davvero responsabile e su cosa sia puro greenwashing. In questo scenario, chi banalizza il tema, seppur in buona fede, non aiuta la causa. La vera sostenibilità passa attraverso una complessa e profonda fase di innovazione della filiera e dei prodotti con investimenti a lungo termine da parte dei grandi gruppi.
Non bastano tanti follower per giustificare un’auto elezione a espert* di sustainable fashion.
La comunicazione della moda sostenibile deve passare attraverso i social e attraverso una semplificazione dei concetti, proprio per facilitare ai più la partecipazione al dialogo. La semplificazione si ottiene però quando c’è vera conoscenza e competenza, altrimenti si riuscirà solo a riportare meccanicamente pensieri altrui che, al primo approfondimento, cadranno come castelli di sabbia.
La moda sostenibile, anzi meglio responsabile, non è un’opinione. Non è una spilla sul petto di cui un brand può forgiarsi senza che questa sia stata accertata dai fatti.
Che la fast fashion non sia sostenibile forse lo abbiamo capito un po’ tutt*, ma allora cosa dovrebbe fare il consumatore? Non vestirsi più? Non si tratta di provocazioni, quanto invece di capire che anche noi, come singoli, abbiamo una fetta di responsabilità, che con le nostre scelte, minime ma quotidiane, possiamo essere parte del cambiamento (leggi l’articolo su Il Voto con il Portafoglio).
Questo significa deresponsabilizzare le aziende e i gruppi? No, anzi, significa che se come consumatori acquisiamo questa coscienza, pretenderemo che anche le aziende lo facciano ed è qui che si innesca il circolo virtuoso.
Dalla parte invece di chi crea e realizza moda e abbigliamento, quando vedo l’ennesimo nuovo brand solo di capi finiti in materia prima organica mi chiedo quale tipo di pensiero ci sia dietro. Certamente abbiamo bisogno di alternative sostenibili alla fast fashion, però forse la moda oggi necessita di ben altro. Non dell’ennesimo marchio che crea vestiti di cui nessuno di noi ha effettivamente bisogno, quanto invece di nuovi materiali, nuovi sistemi di ricerca, di trasporto, di distribuzione, inclusività, artigianato e catene produttive più brevi.
A chi vuole creare il proprio business sostenibile, chiederei se la propria idea di cambiamento sia liberarsi di tutto quello che si è stati resettando il proprio guardaroba o se sia il cambiare modo in cui si guarda a ciò che già si possiede per renderlo più compatibile con il mondo.
Quindi facciamoci le pulci a vicenda, evitando innanzitutto i grandi brand che cercano di convincerci che con la nuova capsule di poliestere riciclato stanno salvando la Terra, ma al contempo non raccontando che il nostro nuovo business di magliette basic sta creando un vero cambiamento.